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Cartella di pagamento notificata da un indirizzo PEC non presente nell’IPA priva di effetti giuridici

Cartella di pagamento notificata da un indirizzo PEC non presente nell’IPA priva di effetti giuridici

La Commissione Tributaria di Napoli, ha depositato una sentenza che ribadisce la nullità della cartella di pagamento, notificata da un indirizzo PEC, non riportato nel pubblico elenco, denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti e l’indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi IPA (C.T.P. di Napoli n. 5235/2020 dell'8 luglio 2020).

Ricordiamo, in questa sede, che la notifica della cartella di pagamento deve avvenire, in ossequio, dell’art. 26 del DPR 602/73, norma che, a sua volta, rinvia all’art. 60 del DPR 600/73.

In base a quanto previsto al secondo comma dell’art. 26 del DPR 602/73, così come modificato dal D.L.gs. 159/2015 e, da ultimo, dal DL 193/2016, la cartella deve essere notificata, all’indirizzo PEC, risultante dagli elenchi previsti per legge.

Pertanto, l’Ente pubblico di Riscossione, deve notificare la della cartella di pagamento, a mezzo PEC, in ossequio alla normativa di seguito, specificata:
- l’art. 3 bis della L. 53/94, che dispone la possibilità di eseguire per via telematica le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali “esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”;
- l’art. 6 bis del D.Lgs. 82/2005 (’’Codice dell’amministrazione digitale”), il quale istituisce il pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti e l’indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA);
- il DL 179/2012, il quale all’art. 5 sancisce che “Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata” e all’art.16 ter prevede che a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi l’IPA, il Reginde e l’INI-PEC.

La Suprema Corte con sentenza n. 17364 del 27 giugno 2019, considera viziata la notifica effettuata con modalità telematiche, se il notificante utilizza un indirizzo di posta elettronica certificata non risultante da pubblici elenchi ai sensi dell’art. 3-bis della L. 53/94, e tale notifica risulta essere, palesemente, illegittima, come riportato nella motivazione, della sentenza in questione, che, così, recita: …”secondo l'impugnata sentenza la notifica era stata fatta ai sensi della Legge n. 53 del 1994, art. 3 bis;

la Legge n. 53 del 1994, art. 3 bis, prevede che "la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi";

l'impugnata sentenza riferisce che l'appellante aveva fatto la notificazione utilizzando un indirizzo "non risultante dai predetti elenchi";

il ricorrente ha censurato la decisione in base a un ragionamento astratto: egli - come d'altronde espressamente riferito a pag. 6 del ricorso - si è limitato "a esporre una serie di pronunce e orientamenti" a suo dire finalizzati a "chiarire la questione"; orientamenti incentrati sull'affermazione che la notifica sarebbe da considerare valida "anche se il registro indicato fosse il registro Ipa", ovvero sul rilievo che anche l'indice cd. Ini-Pec è un pubblico elenco, ovvero ancora sulla considerazione che la modalità di perfezionamento della notificazione telematica postula "che la notificazione provenga da un indirizzo Pec (..) a un altro indirizzo Pec, sempre risultante da pubblici elenchi" e che "giunga a compimento il meccanismo telematico che assicura la certezza della procedura di recapito";

tutte queste considerazioni a niente servono, dal momento che nel ricorso non è specificato come sia stata in concreto eseguita la notificazione a fronte di quanto puntualmente affermato in ordine all'effettuazione "a un indirizzo non risultante dai predetti elenchi"; non deve farsi applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, stante l'ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

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